Monday, 2 September 2019

conte

SOVRANISTI A SOVRANITA’ LIMITATA: LA PACCHIA È SI’ FINITA, MA PER SALVINI E DI MAIO!
IL PARTITO UNIONE CATTOLICA: “SERVE PIU’ CHE MAI UN’ALLEANZA CON I MODERATI DEL PAESE CHE RIMETTA L’ITALIA E GLI ITALIANI AL CENTRO PER LA “RIVOLUZIONE MITE” AUSPICATA E SOLLECITATA DALLA CEI. I CITTADINI COMINCIANO A NUTRIRE RIBREZZO E AVVERSIONE CONTRO LO SQUALLORE DI MANOVRE POLITICHE INDECENTI CHE USANO I PROBLEMI GRAVISSIMI DEL PAESE NON PER RISOLVERLI MA PER DIFENDERE I PRIVILEGI DI UN CETO POLITICO ARROCCATO E DISTANTE”

Sovranisti a sovranità limitata. Questo è l’epilogo della pazza crisi governativa di ferragosto che avrebbe voluto riaprire le urne nel nome dei problemi gravissimi degli Italiani, non per risolverli ma per strumentalizzarli e farne uno strumento di odio sociale sui “sociali”. Ma chi di odio ferisce, con l’odio rischia di ferirsi: Salvini con quella che si profila all’imminente orizzonte come la costituzione del fantasmagorico governo giallorosso m5stelle/PD, oltre a perdere la quasi totalità della visibilità MEDIATICA, verrà bollito fino alla primavera 2023, fine naturale della legislatura che coinciderà anche con l’elezione un anno prima del successore di Mattarella alla Presidenza della Repubblica, con una erosione di consensi continua e progressiva. Soprattutto, con l’immagine nitida impressa in tutti gli ITALIANI, della LEZIONE di vita e di comportamento, impartitagli dal professor Conte il 20 agosto scorso nell’aula del Senato. Salvini ne è uscito, da questi durissimi rimproveri, con la faccia suonata e le ossa rotte: il Salvini, nel ruolo per l’occasione di pestifero Pierino-Giamburrasca richiamato all’ordine, ha fatto letteralmente la figura del “pesce lesso”, dell’ignorante (nel senso di privo di ogni minima base conoscitiva di storia e cultura politica), non ligio al rispetto degli assetti istituzionali, della Chiesa Cattolica e del suo Prossimo.

cristiani in politica

Lo stesso Di Maio – in questi 14 mesi alter ego grillino del Capitano -, apparentemente vincitore della sfida-derby populista con Salvini, con la nascita di questo sciagurato governo giallorosso, pare orientato a perdere la leadership del movimento: avrà un incarico solo da ministro e sarà ricordato, oltre per le gaffe sue e del suo grande amico Toninelli, per le prodezze con cui ha azzerato i consensi e la popolarità del m5stelle dopo l’apice delle elezioni politiche del marzo 2018, disperdendo milioni di voti. Tutti gli Italiani hanno percepito che lo stesso Di Maio – timoroso di perdere poltrone e potere man mano che le varie consultazioni elettorali regionali ed europee sancivano il travaso di voti verso la Lega – era completamente succube della personalità di Salvini e che i provvedimenti che ha adottato erano confusi, difficilmente applicabili e con risultati distonici e antitetici rispetto alle promesse iniziali di “abolizione della povertà” e di “reddito per tutti”.



Conte che dal nulla, oltre a divenire premier, adesso anche della nascenda coalizione m5stelle e pd, ha evidenziato più che una capacità di governo una abilità trasformistica davvero notevole; e speriamo che a fine mandato non faccia analoga paternale anche a Zingaretti, la stessa riservata a Salvini a cui ha rimproverato tutti i provvedimenti governativi messi in campo negli ultimi 14 mesi e che lui, Conte – in un misto di inconsapevolezza e costrizione, di gioco delle “tre scimmiette” e di coercizione – aveva avallato, o tollerando o condividendo comportamenti e azioni politiche perché minacciato con la “pistola”. Molto facile è scaricare le responsabilità completa sugli altri e non ammettere le conseguenze del proprio agire, dimostrando di potersi purificare con il “dito” teso contro il solo e unico colpevole dei misfatti e dimenticando di essere stato premier del governo dimissionario e candidato a risorgere come una sorta di “araba fenice” cangiante (dal momento che cambierà uno dei due colori, dal verde al rosso).

https://unione-cattolica.org/sovranisti-a-sovranita-limitata-la-pacchia-e-si-finita/

Gli unici sconfitti da questa manovra di Palazzo sono, ancora una volta, gli Italiani:
uomini e donne, che per lo più, devono sudare duramente per guadagnare uno stipendio appena necessario alla sopravvivenza
della loro famiglie, angosciati dalle tasse, dalle multe, dalle centinaia di migliaia di cartelle esattoriali in arrivo,
dalle deindustrializzazioni che espellono manodopera e occupati, dal potere di acquisto sempre più basso e da una politica
di welfare non in grado di sostenerli a fronte di un peso fiscale e tariffario oppressivo. Figuriamoci, poi,
le fasce di popolazioni più deboli che sono in difficoltà grave che non hanno nemmeno la possibilità di nutrirsi adeguatamente
né di acquistare i beni di primissima necessità, abbandonati totalmente a loro stessi e messi alla porta anche da quelle
Istituzioni e da quelle figure politico-amministrative che per legge dovrebbero farsene carico.


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